Quando l'Alfa Romeo era un laboratorio: l'innovazione del Biscione molti anni prima degli altri
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Nel 1988, Alfa Romeo lanciò un prototipo che, sebbene sconosciuto ai più, rappresentò un’innovazione senza precedenti. La 33 Ibrida, un progetto nato in collaborazione con Ansaldo, si basava sulla versione Giardinetta e univa un motore boxer a benzina da 1.5 litri e 95 CV a un propulsore elettrico trifase da 16 CV. Questa combinazione anticipava di dieci anni le soluzioni adottate da modelli iconici come la Toyota Prius, ponendo le basi per una nuova visione di mobilità sostenibile.
Un motore ibrido prima degli altri
Il cuore della 33 Ibrida era il suo motore ibrido, una tecnologia pionieristica che offriva tre modalità di funzionamento: completamente elettrica per l’uso urbano, termica per i viaggi più lunghi e una modalità combinata ibrida. Questo sistema, che oggi definiremmo mild hybrid, era pensato per ridurre l’impatto ambientale in un’epoca in cui la sostenibilità era ancora lontana dall’essere una priorità globale.
Dal punto di vista tecnico, il motore elettrico era montato sopra quello termico e collegato alla trasmissione tramite una cinghia dentata appositamente progettata. Le batterie al nichel-cadmio, collocate sotto il piano di carico, aggiungevano un peso di 150 kg, ma senza compromettere significativamente la capacità di carico del veicolo. In modalità elettrica, la vettura poteva raggiungere una velocità massima di 60 km/h e garantiva un’autonomia di circa 5 km, caratteristiche ideali per l’uso urbano.
Costruita a Pomigliano d’Arco
La scelta di utilizzare la versione Giardinetta non fu casuale. L’obiettivo del progetto era creare una flotta di taxi ecologici per le città italiane, offrendo una soluzione pratica e sostenibile per il trasporto pubblico. Tuttavia, nonostante il potenziale del progetto, dimostrato dai tre prototipi costruiti per i test stradali, la 33 Ibrida non superò mai la fase sperimentale. Problemi come la rumorosità, i costi di produzione elevati e un cambio di strategia aziendale portarono all’abbandono di questa promettente innovazione.
Oggi, a distanza di decenni, Alfa Romeo sembra voler riscoprire quella visione innovativa. Durante una recente visita allo stabilimento di Pomigliano d’Arco, il CEO del marchio ha annunciato lo sviluppo di due nuovi modelli compatti basati sulla piattaforma STLA Small, progettata per supportare motorizzazioni sia elettriche che ibride. Questo segnale indica un ritorno all’attenzione verso la sostenibilità e l’innovazione, in linea con le esigenze del mercato attuale.
Grande ingegno
La 33 Ibrida rappresenta un simbolo dell’ingegno italiano, un esempio di come la capacità di anticipare le tendenze globali possa aprire nuove strade per l’industria automobilistica. Sebbene il progetto non abbia avuto il successo sperato, rimane una testimonianza dell’impegno di Alfa Romeo nel perseguire soluzioni innovative. La sua storia è un monito su quanto sia importante investire nella ricerca e nello sviluppo, anche quando i tempi sembrano non essere ancora maturi. Con il crescente interesse per i veicoli a basse emissioni, la lezione della 33 Ibrida risuona oggi più forte che mai, ispirando una nuova generazione di progettisti e ingegneri.
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