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Regione Toscana: l'auto elettrica non è così ecologica

Di Tommaso Giacomelli
Pubblicato il 31 ago 2022
Regione Toscana: l'auto elettrica non è così ecologica
Gli studi portati avanti dall'Arpat nella Regione Toscana, sottolineano come l'auto elettrica non sia così ecologica come si immaginano in molti.

La Regione Toscana attraverso gli studi compiuti dall’Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha elaborato un testo in cui viene bocciata la transizione ecologica e, di conseguenza, la mobilità elettrica. Dunque le auto elettriche non sarebbero la soluzione green che si sperava – secondo gli studi toscani – perché non si tiene conto del processo di produzione di questi veicoli, ancora troppo legati all’energia sviluppata dalle fonti non rinnovabili. Un intervento duro e una voce fuori dal coro, ma soprattutto un grido di aiuto in vista del divieto di vendita di auto con motore termico in Europa a partire dal 2035.

Il testo dell’Arpat

Sul proprio sito, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale toscana ha reso pubblico un testo, che sottolinea come il divieto del 2035 non tenga conto di come nelle fasi produttive dei veicoli elettrici l’energia necessaria proviene ancora per la maggiore da fonti non rinnovabili, mantenendo ancora alte le emissioni di anidride carbonica. In un passaggio viene sottolineato come Bruxelles abbia approvato una norma che avrà gravi conseguenze sugli assetti sociali ed occupazionali dei distretti produttivi, con conseguenze che avranno risvolti sia sulle scelte energetiche dei Paesi che sugli assetti geopolitici e strategici per accaparrarsi il controllo delle aree geografiche da cui provengono le materie prime necessarie. L’Arpat conclude che senza un obbligo perentorio, la loro affermazione di imporre le auto elettriche non avrebbe avuto seguito.

Le elettriche non sono così ecologiche

L’Arpat è sicura: “il passaggio all’elettrico non implicherà sostanziali miglioramenti ambientali”. Nel calcolo delle emissioni di un veicolo – secondo l’Agenzia – si deve tener conto del suo intero ciclo di vita, e non solo di quelle allo scarico, con particolare attenzione al riferimento all’energia usata per la sua produzione e per il riciclo delle batterie, in percentuale solo ridotta proveniente da fonti rinnovabili. “Adottando il criterio dal pozzo alla ruota”, sottoscrive l’Arpat, “si scopre che le auto a corrente non sono poi così pulite come si potrebbe pensare: è infatti noto che più le batterie che le alimentano sono grandi, più elevata è la loro impronta carbonica”.

Regione Toscana: il problema della produzione

L’Arpat ha dalla sua anche dei report autorevoli (come quello di Goldman Sachs) dove viene indicato come la produzione degli accumulatori sia concentrata oggi in Paesi come la Cina, la Corea del Sud e il Giappone, che fondano la base della loro energia sui combustibili fossili. Per questo motivo sarebbe opportuna una tassazione dei beni in ingresso in Europa che tenesse conto della loro impronta carbonica, coadiuvata da un protocollo riferito all’intero ciclo vitale del veicolo. La conclusione dello studio dice letteralmente: “L’idea del Parlamento Europeo è una speranza di cambiamento suggestiva, ma che non fa i conti con la realtà; riuscirà sicuramente a ripulire l’aria delle nostre città, ma è sproporzionata rispetto a ciò che fa il resto del mondo, al diritto alla mobilità della gente e, infine, ai limiti tecnologici: la densità energetica di un kg di gasolio non sarà mai raggiunta da una batteria”.

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