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Sovralimentazione: turbocompressore o compressore volumetrico?

Di Andrea Tomelleri
Pubblicato il 12 ott 2017
Sovralimentazione: turbocompressore o compressore volumetrico?
Due sistemi diversi per ottenere come risultato la sovralimentazione di un motore. Ecco i pro e i contro di entrambe le soluzioni.

La sovralimentazione è una soluzione sempre più diffusa sulle auto di oggi, anche le più economiche. Infatti, non è più utilizzato solo per massimizzare le prestazioni, ma anche per aumentare l’efficienza del propulsore in abbinamento alla riduzione della cilindrata, il cosiddetto downsizing.

La sovralimentazione consiste nell’immissione forzata di più combustibile e aria nei cilindri rispetto a quello che sarebbe possibile con l’aspirazione, per sviluppare maggiore potenza e coppia motrice a parità di cilindrata. Può essere ottenuta in modi diversi, anche non di tipo meccanico. Tuttavia nell’industria motoristica sono due i sistemi maggiormente utilizzati per sovralimentare un motore: il compressore volumetrico e il turbocompressore.

Turbocompressore: massima efficienza, ma con “ritardo”

Il turbocompressore, comunemente chiamato “turbo”, consiste in una turbina azionata dai gas di scarico del motore ed è il sistema attualmente più diffuso per raggiungere la sovralimentazione. La turbina viene messa in rotazione da una girante ad essa collegata mediante un piccolo albero di trasmissione (che gira ad oltre 180.000 giri/min). Il compressore, portato in rotazione dalla turbina, comprime l’aria e la immette nel collettore di aspirazione fornendo ai cilindri una quantità maggiore di aria rispetto alla semplice aspirazione. È un sistema molto efficiente perché usa l’energia residua dei gas di scarico per azionare la turbina e il compressore e permette al motore di sviluppare una maggior potenza. Si tratta del sistema attualmente più utilizzato da tutti i costruttori.

Tra gli svantaggi c’è il ritardo di risposta al comando dell’acceleratore, il cosiddetto turbo-lag. Esistono diversi tipi di turbocompressore, come quello a geometria variabile, in cui le palette della girante motrice sono mobili e possono essere aperte o chiuse per favorire la velocità o la portata in base al numero di giri. Spesso si possono accoppiare più turbo, di solito due (biturbo), da far lavorare in sequenza o in parallelo a seconda dei regimi del motore.

Compressore volumetrico: potenza proporzionale, ma con dei limiti

Il compressore volumetrico presenta un funzionamento concettualmente differente rispetto al turbo. Non viene infatti azionato dai gas di scarico, ma da un collegamento meccanico con il motore che di solito avviene attraverso una cinghia o delle apposite ruote dentate. Grazie al collegamento diretto con il propulsore, l’aumento di potenza è lineare, dal momento che la portata d’aria dipende direttamente dalla velocità di rotazione del motore. Proprio per questo, non è presente alcun ritardo di risposta, che invece caratterizza il turbocompressore. Uno degli svantaggi è invece legato alle massime prestazioni ottenibili, che sono inferiori rispetto al turbo con l’aumentare dei giri del motore a causa dei limiti fisici del sistema.

In generale, un motore sovralimentato con compressore volumetrico consuma tendenzialmente di più rispetto ad uno con turbo o ad un aspirato. Per questo motivo è sempre meno utilizzato sulle auto moderne, in cui la riduzione dei consumi è un obiettivo di primaria importanza. Fino a qualche anno fa il compressore volumetrico veniva montato dalla Mercedes-Benz sui motori chiamati appunto “Kompressor”, mentre viene ancora utilizzato sul motore V6 3.0 TFSI prodotto da Audi.

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