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Stellantis, la fabbrica di Termoli è ai minimi storici: paura per il futuro

Di Fabrizio Gimena
Pubblicato il 24 apr 2025
Stellantis, la fabbrica di Termoli è ai minimi storici: paura per il futuro
Il sito Stellantis di Termoli affronta il declino tra dismissioni e incertezze sulla gigafactory di batterie. Un futuro industriale sospeso

Una profonda crisi industriale sta colpendo il cuore produttivo di Termoli, dove lo storico stabilimento Stellantis sembra destinato a un inesorabile declino industriale. Da polo occupazionale di rilievo, con oltre 3.500 lavoratori, il sito molisano si trova ora ad affrontare un drastico ridimensionamento. Le previsioni sono allarmanti: entro l’estate del 2024, le linee di assemblaggio potrebbero fermarsi del tutto, lasciando un vuoto economico e sociale nel territorio.

Una dismissione tangibile

I segnali di dismissione si moltiplicano. La produzione del motore Maserati V6 Nettuno è stata già interrotta, così come quella del motore GME per Alfa Romeo. Anche il futuro del piccolo motore GSE 1.0L, impiegato nei modelli ibridi Fiat, appare sempre più incerto. I sindacati avvertono che “da giugno o luglio non ci sarà più nulla da assemblare”. Questa situazione, già critica, è stata ulteriormente aggravata dal fallimento del progetto di conversione dello stabilimento in una gigafactory per la produzione di batterie, un’iniziativa scartata a causa degli elevati costi energetici italiani.

Il panorama attuale dello stabilimento è desolante: camion che trasportano via macchinari dismessi, linee produttive ferme e lavoratori lasciati in un limbo. Dei 3.500 dipendenti originari, ne rimangono meno di 2.000, molti dei quali senza prospettive occupazionali. L’unico progetto all’orizzonte, la produzione della trasmissione eDCT, non inizierà prima del 2026 e coinvolgerà appena 300 persone, lasciando un vuoto produttivo di almeno due anni.

Una piccola speranza

Una flebile speranza è riposta nella nuova Fiat 500 ibrida, il cui lancio è previsto per la fine del 2025. Tuttavia, senza un piano industriale strutturato e una visione chiara, il futuro dello stabilimento appare cupo. Termoli rischia di diventare un simbolo di una transizione energetica mal gestita, in cui territori e lavoratori vengono sacrificati in nome del cambiamento tecnologico.

La situazione di Termoli riflette un problema più ampio che affligge l’intero settore automobilistico. Il passaggio dai motori endotermici ai veicoli elettrici, pur necessario per affrontare le sfide climatiche, sta esponendo le debolezze di un sistema produttivo non adeguatamente preparato. In assenza di investimenti strategici e di politiche mirate, la transizione rischia di lasciare dietro di sé una scia di fabbriche chiuse e posti di lavoro persi.

In questo contesto, il fallimento del progetto di gigafactory rappresenta una ferita profonda. L’idea di convertire Termoli in un hub per la produzione di batterie avrebbe potuto garantire una nuova linfa vitale allo stabilimento e alla regione, creando posti di lavoro qualificati e sostenibili. Tuttavia, i costi elevati e la mancanza di un supporto adeguato hanno fatto naufragare questa opportunità, lasciando spazio a un futuro incerto.

Il caso di Termoli sottolinea l’urgenza di una strategia industriale nazionale che non solo promuova l’innovazione tecnologica, ma che tuteli anche i lavoratori e le comunità locali. Senza un intervento deciso, il rischio è che altre realtà produttive seguano lo stesso destino, aggravando ulteriormente il divario economico e sociale tra le diverse aree del Paese.

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