La storia del W12 Volkswagen: il sogno di Ferdinand Piëch
Che la Veyron, con il suo spettacolare W16, fosse una Bugatti e non un’Audi, o una Volkswagen, fu il risultato di circostanze molto specifiche. Per anni, infatti, Ferdinand Piëch ha avuto il sogno – o l’ossessione, per alcuni – di lanciare una supercar, o meglio una hypercar. Voleva dimostrare che la Volkswagen poteva sviluppare una supersportiva ad altissime prestazioni, un’auto da record per lasciare tutti a bocca aperta e che sarebbe stata capace di mostrare la capacità tecnologica e di sviluppo dell’ingegneria tedesca.
E quest’ossessione arrivò a tal punto che Volkswagen, un produttore rivolto più che altro alla produzione di auto compatte e per tutte le tasche, aprì le porte alla Veyron. Così iniziò la storia del W12 di Volkswagen, uno spettacolare motore purtroppo destinato a soccombere nell’era dell’elettrificazione che è appena iniziata.
La storia del W12 di Volkswagen: l’ossessione di Ferdinand Piëch
E così, nel 1997, Ferdinand Piëch chiese alla Italdesign di Giorgetto Giugiaro una commissione molto speciale. Volkswagen aveva bisogno di una carrozzeria adatta a sostenere un motore a doppia V a dodici cilindri abbinato a un sistema di trazione integrale. La Volkswagen iniziò così un progetto che sarebbe durato cinque anni e che sarebbe arrivato alla creazione di un’auto da record, la base perfetta per sviluppare il motore W12 e, chissà, gettare le basi per un modello di futura produzione.
La prima Volkswagen W12 Syncro
E nel 1997 venne presentata a Tokyo la Volkswagen W12 Syncro, un prototipo dal design davvero spettacolare, che aveva anche alcune reminiscenze con l’ultima Bugatti (la EB110) prodotta prima della sua acquisizione da parte del Gruppo Volkswagen. Era caratterizzata da uno spettacolare tetto panoramico, allungato nella parte posteriore in modo che il motore fosse visibile, ovviamente nella sua posizione centrale posteriore.
Poiché il progetto era ancora lontano, il passo successivo per Volkswagen e Italdesign fu trasformare quel prototipo Syncro nella Volkswagen W12 Roadster, una sorta di supercar senza tetto. Quella cabriolet manteneva ancora l’originale motore W12 da 5.600 cm3, con 420 cavalli e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 4 secondi. La differenza più importante con il primo prototipo, al di là del tetto tetto, era che il suo sistema di trazione integrale era stato sostituito dalla trazione posteriore.
La Volkswagen W12 Nardò
La Volkswagen si stava muovendo, a un ritmo inarrestabile, verso il lancio della propria supercar. In ogni caso, la priorità assoluta restava lo sviluppo di un affidabile motore dodici cilindri a doppia V degno delle migliori auto sportive, ma soprattutto degno delle sue auto più lussuose. Un’ossessione, alimentata da Piëch, per resistere al V12 della concorrenza. E così, nella storia del W12 di Volkswagen arriviamo al 2001, quando fu presentata in società la Volkswagen W12 Nardò, una nuova versione di questa supercar, messa a punto per battere i record. Il suo nome, Nardò, si riferiva al famoso circuito di prova ad alta velocità.
I primi record infranti
In questo caso Volkswagen ritornava alla carrozzeria coupé, ma aveva continuato a spremere il suo motore W12 per raggiungere i 660 CV. Sebbene inizialmente non fosse destinato ai test a lunga distanza, quel prototipo sarebbe riuscito a battere diversi record, tra cui quello di 24 ore ininterrotte per coprire una distanza di 7.085,7 chilometri a una velocità media di 295,24 km/h. Io ripeto. 7.085,7 chilometri in sole 24 ore.
Nella sua ossessione per i record, la Volkswagen sarebbe arrivata persino a creare una nuova variante del prototipo, nel 2002, più avanzata, più vicina a un prototipo sportivo endurance. Tra le priorità di quella Volkswagen W12 Record c’erano lo sviluppo di un telaio per un’auto sportiva e la sua configurazione meccanica. Il W12 cresceva così fino a 5.998 cm3, avvicinandosi al dodici cilindri che abbiamo visto in diversi modelli del Gruppo Volkswagen nell’ultimo decennio. La sua potenza si attestava a 600 CV e raggiunse infiniti record di resistenza, tra cui 7.740,576 chilometri in 24 ore, a una velocità media di 322,891 chilometri/ora.
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Il coronamento del sogno con la Bugatti Veyron
A quel tempo il Gruppo Volkswagen aveva già annunciato ufficialmente la Bugatti Veyron 16.4. Ferdinand Piëch aveva trovato in Bugatti il sigillo perfetto per sviluppare un progetto incredibile, che tre decenni dopo continua a far scorrere fiumi di inchiostro. I prototipi W12 della Volkswagen erano serviti al loro scopo. Quei motori finirebbero per diventare la base perfetta per grandi berline rappresentative, come la Volkswagen Phaeton o l’Audi A8, e persino il cuore comune dell’intera gamma di modelli Bentley.
E quelle qualità che ancora oggi continuiamo a citare, lodandole, e che giustificano la necessità dei motori W12, sono probabilmente nate lì, con quei prototipi, in interminabili giornate di messe a punto e ininterrotti test ad alta velocità a Nardò.
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