Con il 2.0 litri termico la power unit arriva a sviluppare 184 CV, l’assetto rivisto le dona più dinamicità, ma i consumi rimangono contenuti.
Mentre tutti si concentravano sul motore termico, la Toyota puntava forte sull’ibrido, oggi sono arrivate le plug-in, in diverse gamme sono spuntati modelli elettrici, ma la Casa delle Tre Ellissi ha continuato sulla sua strada e la C-HR ne è la dimostrazione. Infatti, il SUV che ha sedotto la clientela con la sua linea originale, e poi l’ha conquistata con la tecnologia, si aggiorna con un restyling che introduce una variante 2 litri che rende la power unit ancora più potente. I 184 CV aiutano nella guida e conferiscono tutto un altro carattere alla modaiola C-HR, che adesso non è solo bella, ma anche briosa con un passo che non ti aspetti.
L’ibrido che diverte e riduce i consumi attraverso una nuova batteria
Certo, si fa fatica a credere che l’ibrido possa essere divertente, soprattutto quando non si è al cospetto di una supercar, ma una volta che si impugna il volante della C-HR 2 litri e si inizia giocare con il gas in un tratto di strada pieno di curve, come quello nei dintorni di Cascais, in Portogallo, si scopre che l’andatura cresce rapidamente, anche troppo in certi frangenti, senza cattiveria, con fluidità, ma in maniera dannatamente convincente. Non c’è bisogno di viaggiare a tavoletta per avere riprese pronte e accelerazioni brillanti, e quello che in molti hanno indicato quale difetto più grande di certe ibride, l’effetto scooter prodotto da un cambio che in realtà è un meccanismo epicicloidale, è stato decisamente ridotto visto che c’è un feeling maggiore tra trasmissione e power unit. Su questo però occorre fare un’altra considerazione, ci sono meno componenti di un cambio tradizionale, e come diceva un certo Henry Ford: “quello che non c’è non si rompe”. Inoltre, bisogna parlare dell’assetto più piatto grazie a sospensioni riviste con nuovi ammortizzatori, e dello sterzo più pronto e progressivo, una scelta voluta per accontentare i gusti degli automobilisti europei, che sulla 2 litri è ancora più azzeccata.
Detto questo, non bisogna pensare che la C-HR più potente sia una sportiva a tutti gli effetti, perché l’assetto smorza bene anche le sconnessioni e garantisce un buon comfort di marcia, grazie anche ad una migliore insonorizzazione. Ma su questo fronte non sono tutte rose e fiori visto che in autostrada qualche fruscio si avverte ancora in maniera distinta. Il grande lavoro piuttosto è arrivato a livello di power unit, considerato che nei centri abitati si viaggia all’80% sfruttando l’unità elettrica da 80 kW e 202 Nm di coppia; nelle tratte autostradali invece, a velocità costante, l’auto veleggia, e ricorre spesso alla motorizzazione elettrica per consumare di meno. Al di là del dato dichiarato, di 4 l/100 km nel ciclo misto (NEDC), abbiamo ottenuto i 5,6 l/100 km con nonchalance e senza guidare con il piede di velluto come accadeva sulle ibride precedenti. Ecco questo è il valore aggiunto di questa 2 litri capace di scattare da 0 a 100 km/h in 8,2 secondi e di emettere appena 92 g/km di Co2. Merito anche di una batteria al nichel-metallo idruro da 188 celle e 216 V di voltaggio nominale, che prende il posto di quella agli ioni di litio da 56 celle della 1.8. Il sistema funziona ed è adatto alla C-HR 2 litri, anche se qualcuno avrebbe preferito un pacco batteria agli ioni di litio su questa variante più “cavallata”. Un’ultima considerazione sulla dinamica, alcuni automobilisti potrebbero cercare i paddle dietro il volante visto il coinvolgimento alla guida, ma vi assicuro che non c’è una reale necessità.
Sempre bella ma più aggressiva
Il 61% di quelli che si innamorano della C-HR, perché è inutile nascondersi dietro alle motivazioni razionali, quando si sceglie un’auto c’è una vera e propria infatuazione, lo fanno per la sua linea che è stata rivista con sapienti tocchi di design. Il frontale adesso appare più largo nella zona inferiore con lo spostamento più esterno dei fendinebbia, i fari presentano gli indicatori di direzione incorporati, mentre dietro arrivano uno spoiler di colore nero tra i gruppi ottici che vantano nuove firme luminose ed una sorta di estrattore con particolari cromati. Niente di sconvolgente, perché francamente c’era poco da fare sulla CH-R, in compenso debuttano 3 nuove livree, tra cui quella arancio metallizzato degli esemplari utilizzati nell’anteprima per la stampa internazionale.
Interno più ricco e raffinato ma manca il caricatore wireless
Il restyling della C-HR ha rappresentato l’occasione per migliorare le plastiche interne, visto che adesso sono morbide anche sui pannelli porta, ma soprattutto per rivedere l’infotainment che ora vanta la connessione 4G per aggiornare le mappe del navigatore. L’interfaccia, capace di dialogare con gli smartphone, interagisce meglio con il guidatore attraverso l’app dedicata MyT che consente di avere anche un hybrid coach che aiuta a sfruttare al meglio il sistema ibrido per una guida più green. In tutto questo stupisce che la strumentazione rimanga di stampo classico rispetto a quella interamente digitale e futuristica delle concorrenti dell’ultima ora, manca inoltre il caricatore wireless che oggi è sempre più diffuso sui nuovi modelli. Per il resto, rimane una zona posteriore poco luminosa, sacrificata sull’altare dello stile, e un’abitabilità ideale per 4 persone.
Da 28.500 euro con porte aperte dedicati dal 23 novembre
Per vedere la C-HR 2.0 dal vivo bisognerà attendere i weekend del 23 e 24 novembre e del 30 novembre e 1 dicembre, ma intanto possiamo dirvi che la variante Trend, quella d’ingresso, ha un costo di 28.500 euro in caso di rottamazione, grazie ai 4.750 euro di contributo dei concessionari Toyota. La dotazione è interessante per via dei cerchi in lega da 18 pollici, del climatizzatore automatico bizona, della retrocamera, dei sensori di parcheggio posteriori, della vernice bitono metallizzata, e di altri utili accessori. Per la versione intermedia, denominata Style, il costo sale a 31.500 euro, mentre la Premiere, ordinabile già da metà ottobre, comporta un esborso di 32.500 euro, sempre al netto dello sconto per la rottamazione.
Un ibrido così efficiente che rinuncia a diventare plug-in
Alla fine di questa presa di contatto, rifletto sulla scelta Toyota di non utilizzare la tecnologia plug-in, una decisione figlia del continuo sviluppo della power unit ibrida, mirata ad evitare i costi di ricarica per sfruttare i vantaggi di una guida sostenibile senza stravolgere le abitudini degli automobilisti di solito poco inclini ai grandi cambiamenti. Infatti, l’unità elettrica è sempre protagonista e anche guidando senza particolari accortezze, entra in scena per oltre il 40% del tempo, arrivando all’80% in città, merito del grande lavoro fatto sulla rapidità nel ricaricare la batteria che ha portato ad un salto generazionale significativo dell’ibrido “tradizionale”.