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Volkswagen, Porsche e la guerra dei sette anni

Di Fabrizio Brunetti
Pubblicato il 29 ago 2012
Volkswagen, Porsche e la guerra dei sette anni
La Volkswagen ha recentemente completato l'acquisizione della Porsche, ma la guerra tra le due industrie tedesche potrebbe non essere finita.

La Volkswagen ha recentemente completato l’acquisizione della Porsche, ma la guerra tra le due industrie tedesche potrebbe non essere finita.

Agosto 2012, una data speciale per il mondo dell’auto, che segna la fine di una lunga guerra e la realizzazione di un sogno che vede riunite in un’unica entità le due creature di Ferdinand Porsche, padre del Maggiolino e artefice della piccola, elitaria, sportiva Porsche nel primo dopoguerra.

La guerra era inaspettatamente iniziata nel 2005 con l’attacco di Wolfgang Porsche alla sedici volte più grande Volkswagen del cugino Ferdinand Piech e l’acquisizione progressiva del 51% del colosso di Wolfsburg, attraverso spericolate operazioni finanziarie. Ma alla fine dell’estate 2008, la bolla esplode e la grande crisi della finanza virtuale porta allo scoperto la “scatola vuota” Porsche, travolta da debiti stimati in molto più dei 10 miliardi di euro dichiarati.

Wolfgang, leader del ramo familiare Porsche e protagonista del disastro viene esautorato e un anno dopo, esattamente tre anni fa, nel luglio del 2009, i soldi veri della Volkswagen di Ferdinand, leader del ramo Porsche-Piech della famiglia, succeduto al cugino, ribaltano la situazione. I Piech diventano i principali azionisti di Porsche e Volkswagen acquisisce il 49,9% della casa di Zuffenhausen.

Ci sono voluti altri tre anni per dirimere l’intricato nodo fiscale, giudiziario e finanziario della passata gestione Porsche e dei suoi debiti.

Finalmente, ottenuto il via del rigoroso fisco tedesco, l’operazione si completa e viene formalizzata l’acquisizione del 50,1% che completa l’integrazione totale di Porsche nel gruppo Volkswagen.

4,46 miliardi di euro il costo dell’operazione, non poco se si considera che la valutazione attuale di Peugeot è di circa 2,3 miliardi di euro, e non poco pensando a quanto già è costata la gestione dei guai finanziari Porsche dal 2009 ad oggi.

Ma Volkswagen ha oggi una liquidità di oltre 20 miliardi di euro e l’integrazione della prestigiosa Porsche completa la galassia del polo premium che comprende già Audi, Lamborghini, Bentley ed ora anche la rossa Ducati.

Dunque Ferdinand Piech può trionfalmente annunciare “Bene per la Volkswagen, bene per la Porsche, bene per la Germania”.

La guerra dei sette anni tra i due rami della famiglia è definitivamente conclusa con la schiacciante vittoria dei Piech, come era logico che fosse.

Probabilmente non saranno rose e fiori, di guerre ce ne saranno ancora, anzi ce ne sono già, ma stavolta all’interno del gruppo, nel contrasto duro che oppone Porsche ad Audi per il controllo del polo premium.

Il board di Audi, sempre più forte e indipendente all’interno del gruppo, intende essere totalmente egemone anche nei confronti di Porsche, così come ha fatto, con successo, con Lamborghini e Bentley e come si accinge a fare con Ducati.

In ballo ci sono le nuove piattaforme per le berline di gamma alta del gruppo – A8, Phaeton, Bentley, Panamera – e per le sportive – Lambo post Gallardo, Audi R8, Porsche GT, Bentley – il cui affidamento oscilla alternativamente tra Audi e Porsche.

Audi le vorrebbe entrambe, Porsche almeno quella delle sportive. Staremo a vedere come finirà questa seconda guerra e chi sarà il vincitore.

Intanto l’annunciato raddoppio della produzione Porsche passerà attraverso l’introduzione anche di modelli più popolari e più integrati con Audi, come il SUV medio con piattaforma comune con il Q5 o il piccolo roadster a quattro cilindri di cui è ancora incerta la sorte, o l’ingresso di una Porsche derivata da Audi A6 nel segmento delle berline sportive di segmento E, come si accinge a fare ad esempio Maserati con la Baby Quattroporte.

Qualcuno ipotizza persino una compatta sportiva Porsche di derivazione Golf/A3. E’ un potenziale rischio di perdita d’immagine per un marchio elitario come Porsche e all’interno del gruppo le opinioni sull’opportunità dello sviluppo verso il basso sono molto contrastanti.

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