Cisl: Se Fiat chiude gli impianti, niente incentivi
Il segretario generale Bonanni contro l’eventuale chiusura degli stabilimenti di Termini Imerese. I sindacati d’accordo con Scajola
A Cisl e Cgil non piace l’idea (e non solo a loro) che l’impianto di Termini Imerese possa cessare le sua attività. Se Fiat chiuderà gli stabilimenti o non investirà in ricerca, il governo non deve pagare “neanche un euro”. Lo ha detto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni che ha espresso il suo punto di vista sulla chiusura della fabbrica siciliana che dà lavoro a 1.300 dipendenti e che nei giorni scorsi ha visto contrapposti da un lato il ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola, e dall’altro il numero uno di Fiat Sergio Marchionne.
“Ogni soldo che viene dato dallo Stato deve servire per l’innovazione e la ricerca e la Fiat deve dimostrare di investire nello sviluppo di motori elettrici e a idrogeno – ha spiegato Bonanni – Nessun impianto deve essere chiuso perché lo Stato si priva di proprie risorse di questi tempi e questo deve servire a mantenere l’occupazione”.
Dello stesso avviso anche il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani: “Speriamo sia un confronto vero perché non possiamo permetterci la chiusura di uno stabilimento a sud che dà lavoro a migliaia di persone. Naturalmente per non chiudere Termini Imerese è necessario avere una politica industriale che porti dei modelli nuovi, ma la Fiat non deve avere troppo la testa negli Stati Uniti. Deve pensare all’Italia invece, al nostro lavoro, al nostro indotto, ai nostri fornitori”.
Una stoccata a Marchionne, quella di Epifani, che ha dichiarato di recente che l’auto elettrica targata Fiat sarà realizzata negli Usa grazie al know-how e alle competenze di Chrysler nel settore.[!BANNER]
In una lettera pubblicata in risposta a un editoriale di Marchionne (dal titolo “Perché una Fiat fatta in Sicilia costa di più”), il ministro dello Sviluppo economico ha spiegato che “per la fabbrica Fiat di Termini Imerese ci sono sul tavolo 400 milioni: la Regione Sicilia si è già impegnata a investire 300 milioni di euro e il mio ministero potrà aggiungerne altri 100”.
E’ vero, dice Scajola, che costruire vetture a Termini Imerese costa da 800 a 1.000 euro in più, “ma – precisa – non dipende dai lavoratori né dagli impianti produttivi, che sono stati recentemente ristrutturati anche con fondi pubblici. Dipende dalle diseconomie esterne e dalla carenza di infrastrutture, a cominciare dal porto, che obbliga l’azienda a spedire le auto da Catania”.
“E’ stato Marchionne – ha concluso Scajola – a dire che in Italia, dove si vendono molte più auto di quante se ne producono, la produzione Fiat è destinata a crescere. Vogliamo capire se questo aumento di produzione potrà avvenire anche in Sicilia”.
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