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Fiat e Termini Imerese, sogni e realtà

Di Fabrizio Brunetti
Pubblicato il 2 dic 2009
Fiat e Termini Imerese, sogni e realtà
Braccio di ferro tra Stato e impresa per garantire l'occupazione dei lavoratori Fiat. Il punto di Fabrizio Brunetti

Braccio di ferro tra Stato e impresa per garantire l’occupazione dei lavoratori Fiat. Il punto di Fabrizio Brunetti

Continuare a produrre automobili negli stabilimenti di Termini Imerese, in special modo le Lancia Ypsilon che si avviano a fine carriera, è semplicemente insostenibile. E’ quanto emerso nella serie di secche battute a distanza e nel successivo incontro tra Sergio Marchionne e il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola.

Termini Imerese è una “cattedrale nel deserto“: situata a metà strada tra Cefalù e Bagheria doveva fare parte di un “sistema industriale” che non è mai nato e che ormai nessuno crede nascerà mai. In quell’angolo della Sicilia si doveva sviluppare un polo industriale dotato di porto commerciale – grazie alla favorevole vicinanza al mare – e di servizi che avrebbero dovuto favorire la nascita di industrie e l’ampliamento delle fabbriche dell’indotto automobilistico.

Ad eccezione dello stabilimento Fiat, azzurro proprio come il mare che gli sta davanti, non c’è purtroppo traccia di altre realtà industriali: non c’è niente, ma proprio niente se non il moderno insediamento in cui 1.400 addetti producono circa 21.000 Ypsilon all’anno. Tradotto in termini industriali produrre un’automobile a Termini Imerese equivale ad una maggiorazione del costo industriale del prodotto finito di circa 1000 euro rispetto ad una pari produzione in Polonia e di almeno 500 euro in rapporto ad una produzione negli stabilimenti di Torino, Cassino o Pomigliano! Impossibile chiedere a chiunque, Fiat per prima, di immaginare il proseguimento della produzione oltre l’attuale Ypsilon. Dal 2011, come vuole la comunicazione ufficiale di Marchionne, il gruppo Fiat non produrrà più auto in Sicilia, ma contribuirà comunque ad utilizzare l’impianto per mantenere l’occupazione.[!BANNER]

In un contesto come quello automobilistico divenuto ormai ipercompetitivo e nel quale l’ottimizzazione dei costi è divenuta fondamentale per la sopravvivenza stessa delle imprese la scelta dell’AD del gruppo italiano appare se non altro comprensibile. E se i numeri della sola Termini Imerese, aggravati dai costi indotti dall’assenza di un’area industrializzata, appaiono sicuramente impietosi, consideriamo che i cinque stabilimenti italiani producono complessivamente ogni anno 645.000 auto impegnando 21.900 addetti, mentre in Polonia abbiamo 5.800 operai per 600.000 automobili costruite ogni 12 mesi e che in Brasile per produrre 700.000 auto all’anno sono sufficienti 8.700 addetti! Sostenibile? Credo proprio di no.

Certo rimane il problema sociale per quei 1.400 operai che oggi hanno un lavoro e domani chissà… Una questione che lo Stato e l’impresa devono affrontare in un corretto gioco tra le parti e in questo senso appare sicuramente positivo che il ministro Scajola abbia ottenuto da Fiat l’impegno a “contribuire” alla riconversione di Termini Imerese, insieme alla volontà di accrescere la produzione italiana fino alla soglia delle 900.000 vetture all’anno.

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